La casa

La casa tradizionale era costruita in pietra locale, con muri spessi e tetto in “lose“; la sua struttura era molto semplice: una grande cucina con il camino, unica fonte di calore, la lamiera da letto adiacente o posta al piano superiore e una piccola cambretta che serviva da ripostiglio e nella quale si lavorava il latte e si faceva il bucato.

Nel Museo di Vita montana di Novalesa è ricostruita la tipica casa alpina tradizionale con tutti i suoi ambienti.

La cucina

Il termine cucina, un tempo, era sinonimo di casa, vista che la famiglia, quando non era nei campi o nella stalla, si radunava proprio in questa stanza. In inverno, era anche l’unica stanza della casa ad essere in qualche misura riscaldata, almeno dal camino.

Qui si trovavano tutti quegli oggetti indispensabili per la vita quotidiana. Il mobilio era piuttosto scarso, con la piattaia che rappresentava l’unico mobile il cui scopo era più estetico che funzionale; a seconda della grandezza della casa, delle condizioni economiche dei suoi occupanti e delle ambizioni delle donne che la abitavano, poteva essere più o meno grande e pregiata. Piatti, bicchieri, stoviglie, scodelle erano acquistati nei mercati di Bussoleno, ma provenivano dagli stabilimenti della Savoia. Erano il vanto della padrona di casa, tramandati di madre in figlia e esibiti in occasione delle festività o delle ricorrenze come battesimi e matrimoni. Per quanto riguarda le pentole, erano molto usate e apprezzate quelle smaltate di blu, segno di risparmi, ma anche di ambizioni e di qualche disponibilità economica in più.

Il secondo mobile che non poteva mancare era la madia, che conteneva la farina; al suo interno veniva impastato il pane, che poi veniva cotto al forno comunale nel giorno prefissato per ogni famiglia. Il paese aveva anche dei fornai che rifornivano di pane la guarnigione, i maestri, gli impiegati pubblici e viandanti e pellegrini in transito.

Il tavolo in legno, attorno al quale si preferiva porre delle panche – meno ingombranti – piuttosto che delle sedie, completava l’arredo, realizzato nella quasi totalità dagli uomini della casa nei mesi invernali.

Nella cucina, il camino era uno strumento indispensabile. Serviva a preparare il pasto per i componenti della famiglia e per gli animali, spesso l’unica ricchezza della casa. Nel focolare si tosta a anche il caffè, o molto più sovente orzo o altri cereali, considerato quanto il caffè fosse caro e ritenuto quasi una medicina per gli ammalati. Il caffè” o l’orzo, venivano tostati in apposite padelle di ghisa; la bevanda veniva preparata in una pentola e poi filtrata in caffettiere molto grandi, perché doveva bastare per tutta la settimana e generalmente veniva preparato la domenica è gustato addolcito da un po’ di latte o burro.

In cucina, poi, si svolgevano tutte le attività della casa, dal lavare i piatti con la cenere o la sabbia, a stirare i vestiti grazie ai ferri a brace o posati sulla piastra della stufa per scaldarsi.
Per avere un minimo di illuminazione, si poteva contare solo su lumi a olio o lampade con candele o, in epoche più recenti, a petrolio.

La camera da letto

Se la cucina era generalmente grande, la camera da letto aveva solitamente dimensioni piuttosto ridotte, per una serie di ragioni pratiche, prima tra tutte quella di sfruttare al meglio il poco calore derivante dal camino della cucina, spesso posto nella parete confinante con questa stanza.

Il letto, piuttosto piccolo per le dimensioni a cui siamo abituati oggi, era addossato al muro, il materasso era fatto di un saccone di foglie: di faggio per l’inverno e di granoturco per l’estate. Le lenzuola tessute a mano erano di canapa, mentre per le coperte si utilizzava la lana o lana e canapa; per i cuscini si utilizzava la lana non idonea alla filatura o alla cardatura.

Nella camera trovava posto un armadio, sempre realizzato dagli uomini di casa; era suddiviso in due parti: da un lato venivano appesi gli abiti e dall’alto, sui ripiani, era riposta la biancheria della casa.
Nel museo sono conservate ed esposte anche una serie di culle. Quella più piccola, la “cunò“, utilizzata anche per portare i neonati nei campi o in montagna; i fori che sembrano ornarne il bordo hanno in realtà la funzione pratica di poter passare una fettuccia per assicurare il piccolo alla culla, evitando cadute durante il trasporto.

Alle pareti non potevano mancare i “ritrot”, cioè le fotografie di entrambi i genitori ed eventualmente di altri parenti; sopra il letto, una rappresentazione di soggetto religioso proteggeva la famiglia e invitava alla preghiera; non mancava mai anche l’acquasantiera, per poter benedire i famigliari in caso di necessità.

Attrezzi indispensabili per questa stanza erano il braciere per scaldare le lenzuola con le braci della stufa e, sotto il letto, il vaso da notte.

Il disimpegno

Accanto alla camera da letto, spesso si trovava una piccola cameretta, un disimpegno dove sbrigare i lavori di casa, come il bucato e la lavorazione del latte, incombenza, quest’ultima, che bisognava sbrigare ogni giorno per non far andare a male il latte munto mattina e sera in grandi secchi. Versato in paioli di rame, veniva lasciato riposare tutto il giorno successivo al fresco in cantina; in questa fase tutto il grasso del latte – la panna – affiorava in superficie ed era quindi possibile raccoglierlo con un mestolo in legno chiamato “coupò” e versato nella zangola.

Questa veniva fatta ruotare per almeno dieci minuti e si ricavavano così grumi di burro che, impastati in acqua fredda, si trasformavano in panetti. Per renderli rettangolari si utilizzavano palette di legno con un lato liscio per dare la forma e uno intagliato per lasciare sul panetto disegni particolari, unici per ogni famiglia.

Non esistevano i frigoriferi, quindi il burro veniva fuso e messo in stretti boccali che ne garantivano una più lunga conservazione.

Il latte rimasto veniva utilizzato per la produzione del formaggio: dopo essere stato riscaldato sul fuoco del camino fino a raggiungere la temperatura di 35°, si aggiungeva il caglio. Dopo averlo scolato, veniva salato e impastato manualmente fino a dargli la forma desiderata. Avvolto in una pezza di tela veniva quindi posto sotto una sorta di pressa, dove rimaneva fino a quando diventava compatto; salato esternamente, veniva messo a stagionare in cantina.